Abbiamo chiesto a Angela Salvatore, amica della nostra associazione, di trascorrere una giornata con noi, di osservarci e di raccontare sul nostro blog chi siamo.
Angela è una coach che aiuta a comunicare efficacemente e a migliorare la performance in ambito lavorativo e personale.
Tutti sulla stessa barca
di Angela Salvatore
Da fuori? Mi avete chiesto di guardarvi da fuori.
Ho accettato con entusiasmo l’invito a partecipare a questa iniziativa dell’Associazione del Piemonte Sindrome X-Fragile alla Società Canottieri Armida e sono orgogliosa di scrivere questo articolo.
Abbiamo trascorso insieme una lunga fantastica mattinata a Torino. Tutto è stato perfetto: il Valentino, il sole gentile di novembre, gli istruttori di canottaggio e, soprattutto, voi, le famiglie dell’X-Fragile con il carico di entusiasmo contagioso che si traduce in idee, iniziative e risultati.
Procedo con ordine. L’appuntamento era alla 9.15 al Circolo Armida nel bel mezzo del parco Valentino.
Si tratta del terzo appuntamento di “Oggi ti racconto di me”, un’iniziativa nella quale, a turno, i ragazzi accolgono i compagni nel luogo del cuore e mostrano loro le attività che amano.
I ragazzi dell’X-Fragile non sono gran chiacchieroni, ma sappiamo tutti che la condivisione di un’esperienza crea connessioni potenti.
Oggi era il giorno di Alberto che fa canottaggio e che all’Armida è di casa.
La mattinata inizia con un po’ di teoria. In sala conferenze, proiettano le immagini di Alberto mentre allena i muscoli in palestra, perfeziona la tecnica in vasca voga e, finalmente, conduce con maestria la canoa nelle acque del fiume Po.
L’istruttrice Cristina Ansaldi descrive le immagini, una ad una, a una platea incuriosita. Si sofferma a spiegare i passaggi tecnici, spiegando le posizioni e gli attrezzi. Quando l’atmosfera si fa vivace e i ragazzi non vedono l’ora di mettersi alla prova, chiede ad Alberto se vuole dire qualcosa ai suoi ospiti prima di passare alla pratica.
Alberto è perentorio e con voce stentorea esclama “In palestra!”, capiamo tutti che non siamo qui per parlare a vanvera.
Il gruppo raggiunge la palestra dove Alberto fa una dimostrazione di remoemergometro, che è una sorta di vogatore capace di simulare fedelmente il gesto atletico del canottaggio. I ragazzi montano in sella ai propri attrezzi, fissano i piedi, afferrano il manubrio e iniziano a vogare a tempo. Imparano a respirare profondamente, a tendere i muscoli e ad andare a tempo, provano a rallentare e accelerare, affinano la sensibilità tattile e dell’udito. Accanto a loro tre istruttori, Cristina Ansaldi, Cristina Siletto e Simone Stradjot, correggono le posizioni e scandiscono i tempi dell’allenamento e chiedono “Ragazzi state respirando?”.
Chi, come me, osserva vede una schiera di rematori da palestra, il fiume è oltre le finestre a qualche metro di distanza ma il riflesso della sua luce riempie la stanza.
La sfida successiva è più ambiziosa: remare in vasca voga.
I canottieri sanno che la vasca voga è una stanza circondata da acqua, con seggiolini molto simili a quelli di una canoa e remi enormi (quelli veri), insomma, qui il gioco si fa serio.
Qualcuno non vede l’ora, qualcun altro sembra titubante, forse timoroso di affrontare il pericolo, ma alla fine nessuno si tira indietro.
L’equipaggio, ormai i ragazzi lo sono, scavalca i remi e si prepara ordinatamente a saggiare la resistenza dell’acqua.
Il primo passo è battere i remi sull’acqua, ma con qualche istruzione tecnica si inizia a vogare. Gli istruttori incoraggiamo l’equipaggio che è armonicamente indisciplinato ma, è evidente, ha tutti i numeri per arrivare lontano. Il prossimo appuntamento tra qualche mese sarà per il battesimo del fiume.
La fatica produce sempre due effetti, una grande soddisfazione e una fame da lupi! La soddisfazione si legge sui volti dei ragazzi, mentre per calmare la fame in caffetteria li aspetta una fetta di torta che servirà a raccogliere le forze per affrontare l’ultima fatica.
Alessia Farinella li aspetta pronta a proporre un’attività per rielaborare l’esperienza. Ripensare ai movimenti eseguiti, raccontare le emozioni con le immagini e ascoltare la favola di “Federico il topino” è utile a comprendere che, per fare bene le cose, è importante essere un gruppo e fare ognuno la propria parte.
La mia mattina con l’X-Fragile si chiude con un fantastico pranzo. I ragazzi si siedono per conto loro, mentre i grandi chiacchierano dei prossimi eventi da organizzare, descrivono le esperienze dei figli e la difficoltà di agevolare i percorsi per l’autonomia.
Siedo al tavolo dei grandi e vi ascolto, mamme e papà dell’X-Fragile. Mi rilasso. Ho un sacco di appunti, sono certa di avere il materiale per un buon articolo ma, a metà della lasagna, mi rendo conto che non sarò capace di fare quello che mi avete chiesto. Non saprò descrivere questa esperienza guardandovi da fuori.
In fondo, se Alberto, Andrea S., Andrea Sc., Federico, Ilaria, Matteo, Nicolas, Roberto, Sara, Stefano e Valentina hanno capito in una sola mattina che “siamo tutti sulla stessa barca”, chiedo il permesso di salire anche io su questo veliero e chiedo scusa se, in questo articolo, non sono stata capace “di raccontarvi da fuori” ma ho navigato con le parole suggerite dall’onda dell’emozione che abbiamo vissuto.
Insieme.
Angela Salvatore